sabato 2 maggio 2015

Il paese delle due Lune (Tigana, 1990), di Guy Gavriel Kay

 
Guy Gavriel Kay (Weyburn, 7 Novembre 1954) è uno scrittore non molto tradotto in Italia. Scrive essenzialmente fantasy, perlopiù ambientati in periodi storici reali o in mondi a essi ispirati. Da segnalare che prima ancora di iniziare la sua carriera di scrittore si trasferì per due anni a Oxford per collaborare con Cristopher Tolkien alla stesura del Silmarillon, opera postuma di R.R. Tolkien. Molto probabilmente fu quest’esperienza a stessa a condizionarne la successiva attività letteraria.

Il Paese delle Due Lune è il suo quarto romanzo, un opera matura, contenente una gamma di sentimenti che molto raramente sono compresi all’interno di un romanzo fantasy. La scrittura si dimostra sempre all’altezza, rendendo al meglio la poesia della situazione, ma anche la tragicità, l’epica o l’ironia, secondo le necessità del momento.

La storia è ambientata, salvo qualche breve digressione, nella penisola del Palmo. Questa penisola, immaginaria ma chiaramente ispirata alla ben più reale penisola dello Stivale dell’epoca rinascimentale, è divisa in una miriade di piccoli feudi sotto il dominio di Brandin, un potente re-stregone straniero. Ma vent’anni prima dell’inizio della vicenda principale (a questo periodo anteriore sono dedicati alcuni flashback), questi erano a loro volta dei regni indipendenti.

La trama, strutturata e complessa, narra del tentativo di cacciare il Re invasore Brandin, operato soprattutto da Alessan. Questi è l’unico principe del Palmo il cui dominio, quella Tigana che da il titolo al romanzo, sia stato letteralmente cancellato da Brandin (per vendicare la morte di un figlio) e non semplicemente conquistato e sottomesso come era avvenuto nei casi degli altri. All’interno di questa linea si principale si sviluppano un infinità di storie secondarie tra le quali, per citare solo le più importanti c’è lo scontro tra Brandin e Alberico, emissario dell’impero di Barbadior, per la supremazia sulla penisola, che è anche una lotta tra civiltà filosoficamente differenti.

La storia di Dianora, originaria di Tigana, che si avvicina a Brandin con l’intento di conquistarlo per poi vendicarsi, ma che invece se ne innamora restando inevitabilmente legata a lui fino alla fine. La storia di Sandre e Tomasso d’Astibar, principi che ricordano da vicino i Borgia e che giocheranno un ruolo importante nella vicenda. Ma c’è anche la storia di ogni singolo personaggio, e ci sono molti personaggi in questo romanzo, per cui a citarle tutte, anche in breve, dovrei riportare qui metà del libro.



La maestria di Kay nel maneggiare una tale quantità di fili, intrecciandoli in continuazione senza mai confonderli, non è eguagliata da nessun altro romanzo che mi sia capitato di leggere. A questo va aggiunto il (notevole) fatto, che tutto ciò è quasi inavvertibile, tale è la scorrevolezza che risulta dall’insieme. È anche un romanzo in cui non dovete aspettarvi di trovare dei buoni e dei cattivi. Ci sono solo personaggi umani in tutte le accezioni del termine, personaggi perfettamente definiti nei loro sentimenti, capaci di amare, odiare, essere a volte intelligenti e a volte stupidi, capaci di sbagliare, di essere dalla parte della ragione o del torto, non in maniera assoluta, ma a seconda della situazione. Come tutti gli esseri umani.

A questo va aggiunto che i vari episodi, emanano un’aura che sembra sfuggire alla contingenza della situazione (si veda, a proposito, lo scontro finale tra Brandin e Alberico) per acquistare un significato più profondo, che sembra abbracciare in termini più ampi il significato della condizione umana.

Consiglio perciò la lettura sia agli appassionati del fantasy che non l’abbiano mai letto, perché pur nella sua scarsa fama è, a mio parere, uno dei capolavori moderni del genere. Ma allo stesso modo lo consiglio a chi nutra un pregiudizio riguardo alla letteratura fantastica, perché è la dimostrazione che il fantasy non va ridotto a una macchietta in cui i nani si ubriacano alla taverna per poi incominciare a litigare con i loro amici/nemici elfi, salvo unirsi per andare a far strage di orchi, o draghi. Il fantasy, come qualunque altro approccio alla letteratura, non è altro che un mezzo. E quando utilizzato da un autore che abbia effettivamente qualcosa da esprimere, come nella fattispecie, un mezzo dalle possibilità davvero ampie.

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