Alfred Bester (New York, 18 dicembre 1913 – Doylestown, 30 settembre 1987), nonostante una lunga carriera letteraria, iniziata con le prime pubblicazioni nel 1939 e terminata nel 1981, fu uno scrittore sicuramente poco prolifico, avendo al suo attivo appena otto romanzi, di cui due pubblicati postumi, e un corpus di racconti tra i più magri, raffrontato a quelli della maggioranza dei colleghi.
Questo non
gli impedisce, però, di godere in patria di un enorme successo di critica e
pubblico. Basti pensare che il suo primo romanzo “L’uomo disintegrato” (The
Demolished Man, 1953) vinse la prima edizione del premio Hugo, e un altro
romanzo “Destinazione stelle” (The Stars My Destination o Tiger! Tiger!, 1956)
è stato votato dagli appassionati americani come uno tra dieci migliori romanzi
nella storia dela fantascienza.
Bester fu
tra i primi ad abbandonare i canoni del genere con l’intento di dare ai suoi
scritti una dignità letteraria assoluta, anticipando di parecchi anni il
movimento New-wave degli anni sessanta che ebbe come rappresentanti più noti,
Dick, Ballard, Disch e Silverberg.
Il romanzo
che vi propongo, “Golem100” (che va letto “Golem elevato cento”) è uno dei più
tardi nella produzione di Alfred Bester. In esso si riscontrano le due peculiarità
della letteratura di questo geniale innovatore della fantascienza; una
strutturazione elaborata e complessa, una trama dallo sviluppo graduale che solo
nel finale mostra al lettore dove vada a parare esattamente l’opera.
Queste due
caratteristiche, espresse così freddamente, potrebbero dare l’idea di un puro
esercizio letterario. In realtà non è così. Esse sono sviluppate con tale
attenzione da far sì che il romanzo risulti coinvolgente e scorrevole. Inoltre (altrimenti
dubito che perderei il mio tempo a consigliarne la lettura) non c’è solo
questo; c’è ironia, ci sono personaggi vividi e mai banali, un mondo ben
delineato ed evocativo che sembra vivere di vita propria, una storia estremamente
personale e originale, trovate al limite del paradosso, che paradossalmente si
inseriscono perfettamente nella trama.
Il romanzo è
ambientato in una grande città nordamericana, in un futuro distante circa un
secolo e mezzo da oggi. L’intera città appare come una sorta di periferia
degradata, i cui abitanti, abbandonati a se stessi, vivono nella povertà e
nell’analfabetismo. La minoranza benestante vive all’interno di “Oasi” protette
sparse in questo mare di degrado. In questo
scenario, importante ma non invadente, si sviluppano le quattro linee portanti
della narrazione, che seguono altrettanti personaggi principali.
La prima, in
ordine di comparsa, segue un gruppo di donne dell’alta borghesia, che annoiate,
si riuniscono per dedicarsi a passatempi futili quanto le loro stesse
esistenze. In particolare, all’inizio del romanzo, si tratta di evocazioni
sataniche.
La seconda linea
segue le mosse del leggendario capo della polizia, il subadar Ididni, alle
prese con una serie di omicidi tanto efferati quanto misteriosi.
La terza
telecamera è puntata su Gretchen Nunn, una sorta di psico-investigatrice,
ricchissima e notissima. Questa viene incaricata dal consiglio di amministrazione
di una potente industria profumiera, la CCC, di scoprire le cause della scarsa
produttività del loro dipendente più prezioso.
La quarta,
infine, si occupa proprio del dipendente in questione. Il genio della chimica
dall’olfatto sopraffino, Blaise Shima. Colui che con le sue capacità ha reso la
CCC dominatrice incontrastata del mercato.
Queste
quattro linee, nell’intrecciarsi e sovrapporsi, tra esse e con altre linee
secondarie, finiscono per creare una trama ardita e dai disegni complessi,
zeppa di sorprese e annotazioni psico-sociologiche, che svela gradualmente
l’andamento e i risvolti della storia. Un caleidoscopio geometrico, che,
proprio in quanto tale, non si fa mai confuso.
Spero, con
ciò, di avervi stimolato almeno a dare un’occhiata a questo splendido romanzo.
Vale davvero la pena.
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